La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha fornito chiarimenti sulla cancellazione delle società di capitali e la responsabilità dei soci, ma alcuni aspetti rimangono incerti.
La sentenza n. 3625/2025 stabilisce che, per cinque anni dalla cancellazione, la società è fiscalmente “in vita” e può ricevere atti impositivi o ricorrere in nome dell’ex legale rappresentante. I soci, pur essendo responsabili in proprio, non hanno legittimazione processuale.
Per azionare la responsabilità dei soci è necessario un avviso di accertamento a loro notificato, contro il quale possono contestare solo il presupposto della loro responsabilità o vizi propri dell’atto, ma non il merito della pretesa.
Restano dubbi sulla tutela dei soci in caso di “disinteresse” dell’ex legale rappresentante. È consigliabile che i soci impugnino l’atto se nessun ex legale rappresentante è disposto a farlo.
Se la cancellazione avviene a processo pendente, la società è “fiscalmente in vita” per cinque anni, dopodiché i soci subentrano nel processo. I soci non sono obbligati a impugnare o riprendere il processo e, se certi di non essere responsabili, possono evitare di farlo.
Il liquidatore, invece, risponde in base all’art. 36 del DPR 602/73 e può difendersi censurando il merito della pretesa. A differenza dei soci, il liquidatore ha l’onere di dimostrare di aver gestito la liquidazione senza pregiudicare i diritti dell’Erario.