Nelle società di persone (come S.n.c. e S.a.s.), la cessazione del rapporto sociale per un singolo socio può avvenire per cause specifiche: morte, recesso o esclusione. In tutti questi casi, il socio uscente o i suoi eredi hanno il diritto di ricevere una somma di denaro che rappresenta il valore della loro quota. Questo diritto di credito deve essere fatto valere direttamente nei confronti della società, non degli altri soci. In situazioni particolari, come quando la società si riduce a un unico socio, è sufficiente citare in giudizio il socio rimasto.
Il calcolo del valore della quota si basa sulla situazione patrimoniale della società al giorno esatto in cui avviene lo scioglimento del rapporto sociale. La legge richiede la redazione di una situazione patrimoniale ad hoc, tenendo conto dell’effettiva consistenza del patrimonio in quel momento.
La Corte di Cassazione ha chiarito che non è sufficiente fare riferimento all’ultimo bilancio. Per la valutazione, si deve considerare anche il valore dell’avviamento e le prudenti previsioni sulla futura redditività dell’impresa.
Una specifica disposizione di legge stabilisce che il socio uscente partecipa anche agli utili o alle perdite derivanti da eventuali operazioni in corso. Tuttavia, un’operazione può essere considerata “in corso” solo se è già stata formalizzata in una richiesta stragiudiziale o un’azione legale. Ad esempio, un potenziale credito per l’occupazione abusiva di un terreno della società non viene considerato se non è mai stato richiesto ufficialmente.
La legge stabilisce che i criteri di valutazione della quota sono derogabili dal contratto sociale. Pertanto, lo statuto della società può prevedere, ad esempio, che la valutazione si basi sul bilancio successivo alla data di decesso del socio, anziché su una situazione patrimoniale creata appositamente. Tali clausole, sebbene possano sembrare svantaggiose per gli eredi, sono vincolanti in quanto lo erano per il socio defunto.
Infine, il pagamento della quota deve avvenire entro sei mesi dal giorno in cui si scioglie il rapporto sociale. Questo termine di sei mesi serve sia a dare il tempo alla società di reperire le risorse necessarie per il pagamento sia a evitare che gli altri soci ritardino eccessivamente l’operazione. Il diritto al pagamento del socio uscente non può essere confuso con quello di un socio superstite. Se la società non paga, si trova in mora solo dopo lo scadere di questo termine, e da quel momento inizia a decorrere la prescrizione del diritto di credito.