Le riserve specifiche sono poste del Patrimonio Netto, aventi natura di capitale (da apporti dei soci) o di utili (da utili realizzati e non distribuiti), asservite a un particolare vincolo di destinazione per la realizzazione di scopi specifici.
Nonostante il vincolo, mantengono la natura di parte ideale del Patrimonio Netto e non vengono riclassificate nel Passivo dello Stato Patrimoniale. Il vincolo le rende tuttavia indisponibili per usi diversi da quelli stabiliti.
L’istituzione di tali riserve può avvenire tramite una disposizione statutaria o una delibera assembleare ad hoc. L’organo amministrativo non ha la competenza esclusiva per istituirle, potendo solo proporre la decisione ai soci. La legittimità di queste riserve è stata avallata dal Notariato del Triveneto nelle Massime H.G.42 e I.G.54.
Un esempio pratico è la riserva formata da utili destinati a garantire la disponibilità patrimoniale per la distribuzione di un dividendo minimo in esercizi successivi per particolari categorie di soci (es. azioni/quote con diritto agli utili non proporzionale o con privilegio).
In caso di perdite, le riserve specifiche (riserve “facoltative” indisponibili) sono utilizzabili per la loro copertura, ma solo prima di aggredire le riserve “obbligatorie” indisponibili (come la riserva legale). Si segue il principio generale di utilizzare prima le riserve libere e poi quelle vincolate in ordine crescente di indisponibilità.
L’utilizzo di queste riserve per aumenti gratuiti del capitale sociale non è consentito, a meno che non intervenga una delibera assembleare ad hoc che modifichi lo statuto (per riserve statutarie) o modifichi la precedente decisione dei soci (per riserve facoltative).
Le riserve create per la futura distribuzione di utili (es. dividendo minimo o integrativo) sono strumentali a tale scopo. Al momento della distribuzione, i beneficiari saranno i soci o i titolari di diritti reali secondo i loro diritti di partecipazione agli utili. Per le riserve dirette alla futura distribuzione di utili o maggiori utili, una parte della dottrina ritiene che la delibera assembleare necessiti del voto favorevole di tutti i soci (unanimità), poiché il vincolo di destinazione creerebbe un vero e proprio diritto soggettivo per i soci, impedendone l’assunzione a maggioranza.